Prima di partire per la Thailandia sapevo che spesso consigliano ai turisti un trekking a dorso di elefante. Oppure che consigliano di assistere a show di vario tipo, con elefanti o altri animali. Ma non sapevo realmente come vengono trattati questi animali finché non ho visto un crudo video girare sui social, mi sono così informata a dovere leggendo articoli, siti e guardando altri strazianti video. Fortunatamente tutto questo è successo prima di partire ed ho quindi avuto modo di scegliere responsabilmente cosa fare.

Sapete cosa c’è dietro ai ride-trekking ed elephant shows?
Non voglio assolutamente fare la saputella o la moralista. Vorrei aiutarvi ad acquisire consapevolezza, a capire cosa c’è dietro. Spesso i turisti non sanno la verità. Visto che io per prima non ero consapevole di questi maltrattamenti, adesso che lo sono vorrei aprire gli occhi a tutti.
————
Questi animali passano una vita a suon di maltrattamenti e schiavitù.
Vengono allontanati dalla mamma da piccolini tramite il Phajaan (una pratica di atroci violenze fisiche, il termine significa letteralmente “frantumare lo spirito dell’elefante“, se volete potete vederlo con i vostri occhi cercando su YouTube, ma occhio…i contenuti possono toccare le persone sensibili)
Vengono feriti con la punta di una specie di martello se non obbediscono ai comandi.
Malmenati.
Incatenati.
Insultati.
Obbligati a fare spettacoli solo per intrattenere noi stupidi uomini.
Obbligati a portare i turisti sul loro dorso, con gravi conseguenze per la loro colonna vertebrale.
E potrei continuare ancora, e ancora.
————-
L’elefante possiede una memoria pazzesca e non dimentica nulla. Ecco, in questo momento mi sento un elefante. Non dimentico ciò che ho visto e provato personalmente quando ho visto gli effetti dei maltrattamenti su alcuni elefanti incontrati in Thailandia. Ho persino litigato con una signora che lavorava in un campo vicino Bangkok quando gli ho detto chiaramente che quegli elefanti non erano visibilmente felici e venivano trattati male. Lei negava, ovviamente. Cosa ci facevo in quel campo? Beh, quella è un’altra storia di cui mi vergogno troppo.
Vi posto due mie fotografie scattate in Thailandia (una l’ho fatta in quel campo vicino Bangkok, l’altra nel complesso archeologico di Ayutthaya), dove è palese che gli elefanti vengono trattati come un business per turisti i quali, spesso, non sono consapevoli di tutto il male che c’è dietro, o magari…se ne fregano. Li vedete gli sguardi di questi animali? Vi paiono felici?


Fortunatamente però in Thailandia esistono molti luoghi dove gli elefanti scorrazzano liberi per la giungla – senza catene o corde al collo – e mangiano a più non posso. Molti Thai e i Karen (una tribù del Nord), stanno salvando alcuni pachidermi da questo scempio e stanno seguendo la strada del turismo responsabile: con i soldi che i visitatori dei campi devolvono ai progetti, li curano, li aiutano a superare i traumi da maltrattamenti… insomma, li fanno tornare a vivere una vita più che dignitosa. Per questo ho scelto di provare a vivere un’esperienza – seppur breve – in uno degli Elephant Camp vicino Chiang Mai, nel Nord della Thailandia. E ci sono tornata poi una seconda volta durante il mio secondo viaggio nella terra del sorriso.
Passeggiando per le vie della Old City, incappavo in tantissime agenzie che distribuivano volantini proprio riguardo a tour presso i campi di elefanti, e tra tutti i volantini ho scelto Elephant Jungle Sanctuary, un’agenzia che si occupa di tour etici (link al loro sito qui). Un fuoristrada ha prelevato me ed altri viaggiatori nei nostri alloggi e ci ha condotto a 60 km a nord di Chiang Mai, nella foresta. Ci siamo inerpicati tra stradine strette e sterrate per un’oretta, giusto il tempo di ammirare la natura e le colline thailandesi.

Dopo esserci cambiati con abiti Karen, una spiegazione ed un briefing su come comportarci con gli elefanti, abbiamo dato loro da mangiare (ma quanto mangiano!!) e ci siamo immersi nel fiume – freddissimo – con loro. Gli abbiamo fatto il bagno, e loro giocavano con noi, ci bagnavano sputandoci l’acqua dalle loro proboscidi, li abbiamo spazzolati… insomma, niente trekking sul loro dorso, niente show, niente di niente.
Solo tante carezze, cibo, baci e abbracci! 🙂
C’è anche la possibilità di rimanere nel campo per tutta la giornata o fare volontariato per una settimana.
Per me era la prima volta, mai ero stata così vicino a loro. Ero un po’ timorosa per la loro stazza, ma appena arrivata al campo mi è passato tutto. Non so spiegarlo. Gli elefanti mi hanno calmata, come se avessero un potere magico. Li ho visti sorridenti, senza catene nè corde, scorrazzare in giro e mangiare a più non posso, gli occhi non erano lucidi o tristi, erano sereni. Gli ho dato anche io da mangiare, li ho spazzolati. E mentre eravamo nel fiume una delle elefantesse è venuta a chiedermi le coccole e carezze, mi sono commossa in quel momento. E’ stato divertente quanto emozionante, un’esperienza talmente meravigliosa che la prossima volta mi piacerebbe fare volontariato per una settimana.
Ed è un’esperienza che consiglio a tutti voi, non solo perchè promuoverete il turismo responsabile, ma perchè vi arricchirà personalmente. Sarete diversi quando tornerete a casa.

Fonte: elephant jungle sanctuary
Ci sono diversi campi – seri – dedicati alla cura degli elefanti nella zona settentrionale della Thailandia oltre a quello dove sono andata io. Quello che mi sento di consigliarvi a occhi chiusi, ed è il secondo centro che ho visitato nel mio secondo viaggio in Thailandia, è l’Elephant Nature Park: anche molti siti autorevoli come GreenMe.it , EARS Foundation (Elephant Asia Research Survival Foundation) e National Geographic lo nominano come una struttura seria che segue il progetto del turismo etico e responsabile in Thailandia.
I maltrattamenti verso questi meravigliosi animali continuano (e non solo in Thailandia), ed è spesso difficile denunciare questi abusi. Se noi uomini fossimo sempre più informati su queste atrocità e scegliessimo sempre più di fare turismo responsabile, questa crudele pratica diminuirebbe, e chissà… un giorno potrebbe sparire per sempre. Io con questo articolo ci ho provato. E se la tematica vi sta a cuore, ci terrei davvero che condivideste l’articolo.
Più persone sanno, meglio è.
Abbiamo la rete, usiamola per condividere e far del bene.
Grazie.

Una delle poche cose di cui mi pento dei miei viaggi, è di aver cavalcato un elefante.
Hai fatto bene a scrivere questo post. Purtroppo, spesso, non si pensa a ciò che c’è dietro una semplice escursione che viene proposta.
Sinceramente, credevo che gli elefanti fossero come i cammelli e che non provassero dolore nel trasportare persone. Una volta rientrata, sono andata a cercare un po’ di informazioni ed ho scoperto, invece, di aver finanziato il maltrattamento di questi esseri così speciali.
Spero di tornare in Thailandia e riscattarmi in un elephant sanctuary.
Può succedere Roberta. Eri inconsapevole, non devi rimproverarti troppo, l’hai detto tu, pensavi di non fargli del male. L’importante è che, una volta scoperta la verità, si faccia di tutto per non permettere più queste atrocità. Nel nostro piccolo possiamo finanziare associazioni che si curano del loro benessere, denunciare gli abusi se li vediamo con i nostri occhi, oppure girare le informazioni a chi ancora non ne è consapevole. Sono sicura che la prossima volta che andrai in Thailandia (o Cambogia, ci sono alcuni campi anche lì) saprai scegliere responsabilmente! 🙂